Analista politico, l’aostana Isabella Sala
è l’autrice di questa rubrica
Sabato 8 e domenica 9 giugno si voterà per una serie di referendum. Al di là dell’appartenenza politica e dell’idea che si possa avere, sono convinta che si debba andare a votare. C’è infatti, per dignità, solo un’opzione che non possiamo prendere in considerazione: quella di non andare a votare. Prima di tutto perché passiamo le giornate a criticare la politica ed i politici che spesso non rispettano i propri doveri e quindi la prima cosa che dobbiamo fare è rispettarli noi. Votare è un dovere, non solo un diritto. Votare è un’espressione di pensiero, che la politica chiede al cittadino, a cui il cittadino non può non dare risposta, può rispondere sono d’accordo, non sono d’accordo, ma non può rispondere “non ho un’opinione al riguardo”.
In secondo luogo perché lo strumento referendario è quanto di più democratico che possa esistere per ascoltare il volere della cittadinanza pura, e quindi non va mortificato come strumento in sé. Se dimostriamo alla politica centralista che non abbiamo consapevolezza della nostra centralità, che fatichiamo ad avere un’idea, che siamo ormai impigriti nelle nostre case, daremo ragione a chi l’opinione del cittadino non la chiede più. Quindi votare si deve, se non si è d’accordo con i quesiti si voterà no, se si è d’accordo solo con alcuni si può votare qualche sì o qualche no. Il tipo di voto è secondario, primariamente deve esserci però il rispetto del principio democratico rivolto alla popolazione.
In questo caso, come per ogni referendum, si tratta di temi cari alla popolazione, come precariato, sicurezza sul lavoro, integrazione. Se lo Stato chiede al cittadino un’opinione sul lavoro e sull’integrazione e il cittadino non risponde, dimostra di non avere pensiero e volontà; è allora che chi governa si sentirà legittimato a decidere in autonomia, cosa contro cui combattiamo da sempre. Gli organi eletti al governo, lo diciamo sempre, hanno il mandato di esprimere la volontà del popolo; non insegniamo loro, coi fatti, che sono tenuti a fare il contrario, cioè ad esprimere sé stessi una volta al governo, perché noi siamo ormai flaccidi sul divano, senza volontà.
Il referendum è l’unica espressione diretta del proprio pensiero, che non delega nessuno: questo lo rende uno strumento potentissimo, perché non soggetto a nessuna mediazione. Ricordiamo che è stato lo strumento del referendum a decidere sul divorzio, sull’interruzione di gravidanza, ancora prima quello che fece la storia, nel 1946, rendendo l’Italia una Repubblica democratica. Forza, un colpo di reni per alzarsi dal divano: l’astensione sarebbe la resa dell’opinione pubblica. Non smettiamo mai di scegliere chi siamo.