a cura di Isabella Sala indignatavda@gmail.com

Peronospore mentali

Data pubblicazione 21 Maggio 2025
2 minuti di lettura

Analista politico, l’aostana Isabella Sala
è l’autrice di questa rubrica

Da sommelier, quando sento parlare di crisi vitivinicola mi immagino sempre uno scenario tragico, non solo per il buon vivere dei cittadini, ma nei riguardi dell’economia tutta.

Il vino infatti rappresenta un settore importante per l’intera Italia e da anni ormai è riuscito a diventare una piccola eccellenza anche in Valle d’Aosta. Piccola come numeri, non come risultati e come risposta alle sfide.

Il vino in una zona climatica difficile e territorialmente impegnativa, viene prodotto da piccoli eroi, che spesso sono riusciti pure a riscoprire e salvare vitigni autoctoni dall’estinzione. Certo i limiti altimetrici ci sono, ma se ci riescono nelle zone dello Champagne, dove le temperature sono tutt’altro che miti, possiamo riuscirci anche noi. E infatti con il tempo in Valle d’Aosta sono fioriti produttori grandi e piccini, che hanno dato spazio alla biodiversità e alla storia del nostro territorio. Colture di origini antichissime, legate a moderne tecniche, in un connubio di rispetto del territorio, delle tradizioni e della qualità.

Quest ’anno l’evento di maggio dedicato al vino, Cantine Aperte, non si farà. Un evento, che sarebbe dovuto diventare un punto di riferimento dell’enoturismo ed una vetrina dei vini valdostani, non ha ricevuto sufficienti adesioni. Le adesioni si possono fare a due scopi: vendere o farsi conoscere.

Sembra che le forti piogge e la mancanza di vento dell’anno scorso abbiano spesso impedito le impollinazioni, provocando un calo delle produzioni. Le piogge abbondanti del 2024 poi sembrano aver anche diffuso muffe e malattie varie.

Ma certo è, che chi conosce la storia del vino sa, che è un mondo fatto di annate, peggiori e migliori, di climi, di storie faticose, di lotta contro le avversità e di sopravvivenza sapiente.

Quindi il vino c’è, sottoprodotto ma c’è, forse servirebbe più volontà per promuoverlo, per non accontentarsi dei consumatori locali, per non sedersi sempre all’arrivo del primo traguardo (malattia tipica valdostana), perché gli eventi spesso si creano per veicolare nomi, storie e qualità, anche a discapito della quantità.

Il rischio è che la chiusura e la mancanza di ambizione possano diventare parassiti (o funghi) anche peggiori della peronospora.