AOSTA (fri) In questi ultimi giorni la parte finale della strada che sale al Forte di Bard si è animata con una serie di sculture che accompagna il visitatore il cui sguardo si spinge verso la pianura. Sono le semplici rocce che con pochi interventi Donato Savin ha trasformate nelle Stele, posizionate su essenziali basi di ferro che bene si integrano con la maestosità delle grandi murature della fortezza e creano un ’inedita esposizione en plein air.
Da oggi, sabato 28, con inaugurazione alle 11, tutti potranno vederle e soprattutto goderne, perché il rapporto tra le Stele, Bard, la natura impervia, scoscesa e rocciosa che circonda il sito e l’orizzonte è veramente straordinario. Per Donato Savin di Cogne è una nuova sfida, che vincerà facilmente, perché è difficile trovare un contesto più congeniale per i suoi lavori.
Il progetto Stele - che si realizza attraverso esposizioni temporanee innovative e coinvolgenti, selettive per meglio evidenziare le scelte dell’artista - è avviato da alcuni anni. Ha avuto un primo momento di presentazione pubblica al Trento FilmFestival nel 2019, a cui è seguito un montaggio a Belluno per la rassegna “Oltre le vette” dello stesso anno, ambedue prosecuzioni di una personale al Museo Nazionale della Montagna di Torino del 2017. Un momento di rilievo è stato l’allestimento a Zakopane in Polonia al Museo dei Tatra durante la conferenza internazionale “Mountain Panorama” nel 2022. Nel 2023 è seguita la presentazione a Brasov in Romania, in occasione dell’“Alpin Film Festival”, e nel 2024, fino ad inizio 2025, a Sondrio, con un’esposizione anche diffusa nella città.
Donato Savin, ormai noto a livello internazionale, è uno dei più famosi artisti valdostani, espone alla Foire dal 1987, come artigiano contemporaneo che interpreta e rivisita le rocce delle sue montagne con molti tipi di realizzazioni, ma soprattutto con le sue Stele, a cui la mostra è dedicata. Una reinterpretazione di una dimensione ancestrale, palpabile nell’aria della nostra regione, dove vive a Epinel di Cogne e dove anche il lavoro di guardia forestale lo ha portato per anni.
«L’idea della Stele - ricorda Donato Savin - mi venne ad Aosta al Museo Archeologico, vidi in quelle forme di rocce allungate nella mostra “Dèi di pietra” ed iniziai a cercare pezzi di scisti di quel tipo, cosparsi di licheni. Le mie opere restano aperte a ogni interpretazione. Io vedo degli Dèi, specialmente femminili, che salgono verso l’alto; quando non ci sarò più, saranno i testimoni del mio passaggio nella vita terrena».
Come tutte le persone che sono abituate a vivere in stretto contatto con la natura, Donato Savin è, prima di tutto, un osservatore: del paesaggio, degli animali, delle sue montagne. Solo così si può spiegare l’attenzione sottile nella scelta dei luoghi dove trovare i monoliti e dei particolari su cui intervenire. Le sue Stele sottratte al proprio habitat naturale si confrontano con paesaggi urbani e spazi espositivi.
Nella loro essenziale verticalità, nel protendersi verso il cielo, però riaffermano prepotentemente, di volta in volta, la loro provenienza.
«Esporre le mie opere a Bard, all’aperto, lo spazio ideale di collocazione, è per me - spiega Donato Savin - un grande onore. Le opere tornano in Valle d’Aosta dopo tante dimostrazioni d’interesse, sia in Italia che all’estero. Le Stele sono diventate il mio momento artistico identificativo, grazie al progetto pensato e attuato da Aldo Audisio. Quando vedo una pietra idonea penso subito a una sua nuova dimensione, la vedo trasformata in un Dio o Dea, per
continuare e ampliare questa mia affasciante avventura di lavoro e ricerca.»
La mostra di Bard è curata come le più recenti da Aldo Audisio, già direttore del Museo della montagna di Torino: «Quando una decina di anni fa vidi per la prima volta le Stele di Donato Savin rimasi subito incuriosito e colpito dall’efficacia comunicativa di quelle “pietre” che, con pochi interventi, erano diventate delle vere opere d’arte. Nell’ambito della sua produzione, che comprende altri soggetti legati al mondo delle montagna - come mucche, pecore, uccelli e animali selvatici - il mio pensiero fu subito quello di slegare le Stele dalle altre, per ottenere una chiara identificazione di genere. Fu una scommessa che nonostante i timori si dimostrò vincente.
«La prima del progetto - ricorda Aldo Audisio - fu a Trento nel 2019, nel cortile di un palazzo storico, una collocazione inusuale ma molto significativa. Ma il momento culmine è stato Zakopane, al Museo dei Tatra, dove vennero presentate a Villa Koliba, un’affascinante sede, all’ap erto nel parco e all’interno delle sale. Oggi prosegue il percorso. Vedere le Stele a Bard è in qualche modo il “ritorno” da un lungo viaggio alla propria terra. È un momento di riflessione e di valorizzazione di un’idea che trova un luogo sicuro per “soggiornare” per un lungo periodo.» In effetti queste sculture simboliche rimarranno a disposizione del pubblico sino all’ultimo giorno del 2025, il 31 dicembre, anche questa una data simbolica che segna un passaggio verso il futuro.